Parole che giocano

Parole che giocano

By on 24 Apr 2013 | 1 comment

Con le parole si può anche giocare, con intento ironico o per puro divertimento intellettuale.

Clof, clop, cloch
Cloffette, cloppette, clocchette,
chchch…..
E’ giù, nel cortile, la povera fontana malata!…

In questi versi del poeta futurista Aldo Palazzeschi, la fontana difettosa è diventata – attraverso un gioco di parole – una persona malata, e il ritmico cadere delle gocce viene paragonato a un succedersi di lamenti e colpi di tosse. Il poeta ha giocato sulla capacità di alcune parole di “suonare”, cioè di riprodurre suoni di oggetti, animali o fenomeni.

Il testo poetico è quello in cui i “giochi di parole e di suoni” sono più frequenti ed evidenti.

Questi giochi sono figure retoriche, cioè artifici, o meglio costruzioni che modificano un messaggio tramite un uso insolito di parole, di suoni o dell’ordine dei vocaboli. Esse rimandano alla “retorica”, cioè all’arte della parola che veniva insegnata in Grecia a tutti coloro che dovevano parlare in pubblico.

Il poeta è attento a quello che dice, e a come lo dice. Perciò in una poesia egli si concentra anche sulla musica generata dai suoni delle parole, e spesso egli utilizza una figura retorica che si chiama onomatopea.

“c’è un breve gre gre di ranelle” (G.Pascoli, La mia sera)

“E gracidò nel bosco la cornacchia” (autore, Pioggia): CRA CRA

Sono parole che suonano; quando noi le pronunciamo ad alta voce, magari ad occhi chiusi, queste parole magicamente richiamano in noi immagini, azioni, sensazioni, stati d’animo…

Anche nei fumetti si incontrano tante onomatopee: to sigh: sospirare; to gulp: borbottare; to boom: rimbombare: sono verbi inglesi, che ci fanno capire il senso delle vignette anche senza conoscerne il significato.

Il poeta utilizza spesso i meccanismi tipici dei giochi di parole, ripetendo e combinando parole e suoni per creare effetti singolari, ma anche ricollocano le parole all’interno di un periodo per fargli assumere un significato più ampio. Per Dante la selva è “selvaggia e aspra e forte”, e l’accostamento progressivo dei tre aggettivi corrisponde ad un’altra figura retorica chiamata “climax”.

Le figure retoriche di significato permettono anche di alterare e caricare di nuovi valori il senso logico delle parole, grazie ad accostamenti inconsueti tra parole e concetti.

Un esempio è l’ossimoro che usa Petrarca quando scrive “questo viver dolce amaro”.

Crediti

Una produzione:

  • ISIS Europa – Pomigliano d’Arco – www.isiseuropa.gov.it
  • MIUR – Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

Testo a cura di:

Bibliografia

Licenza Creative Commons

Prof. ssa Maria Rosaria Visone About Prof. ssa Maria Rosaria Visone
Sono laureata in Lettere Classiche e specializzata in archeologia. Dopo aver lavorato per diversi anni nel campo della ricerca e della documentazione storico-archeologica, collaborando con enti pubblici e privati, dal 2006 insegno materie letterarie presso l'ISIS Europa di Pomigliano d'Arco, indirizzo turistico. Sono esperta nella progettazione didattica per competenza e nella sperimentazione di nuovi ambienti di apprendimento con l’ausilio delle tecnologie.

    1 Comment

  1. M pice molto questo tipo di approccio con la letteratura, è motivante per gli studenti, in special modo quelli che sono ” allergici” alla lavagna, al gesso e al testo in senso stretto del termine. Buon lavoro professoressa da Antonietta Palumbo

    Avatar Antonietta Palumbo

    6 Giugno 2013

Post a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *